Hai appena terminato la visione di Memento, film del 2000 che proiettò nell'olimpo un allora piuttosto sconosciuto Cristopher Nolan, regista per il racconto scritto dal fratello Jonathan.
Mai come in questo in caso ti trovi un po' in difficoltà nell'etichettare la pellicola: chiaramente un thriller, con forti tendenze al giallo e con grandissime derive verso lo psicologico. Al di là di questo, però, quello che a te interessa è che il film si sviluppa come un gioco ad incastri non lineare in cui lo spettatore, come il protagonista, deve ricostruire la cronologia e i vari elementi del puzzle. E se il primo ha il vantaggio di poter ricordare cosa è accaduto al protagonista non essendo affetto dal problema di cancellazione della memoria a breve, non gli è comunque facile districarsi.
Ha detto giallo: si ma non il tuo giallo comune. Perchè se nei film della tipologia la chiave è calare lo spettatore in un mistero e trascinarlo attraverso la risoluzione di un caso, fornendogli poco alla volta gli indizi che porteranno alla soluzione, in Memento avviene l'esatto opposto. Si parte da una soluzione certa, un colpevole trovato e giustiziato, per tornare a ritroso nel tempo e demolire, scena dopo scena, ogni convinzione dello spettatore, sottraendogli progressivamente e spietatamente prove, fatti e indizi. Come dare una manciata di caramelle a un bambino e poi sottrargliele una per una, godendosi il suo smarrimento e la sua speranza che tra le mani gli resti qualcosa prima che lo stillicidio sia finito.
Ok, quindi? E quindi è ora di cercare di capire qualcosa di Memento.