sabato 13 gennaio 2018

Stay - Nel labirinto della mente: quando concludere è importante



Stay - Nel labirinto della mente è un film del 2005 diretto da Marc Forster e interpretato da Ewan McGregor, Naomi Watts e Ryan Gosling. Nel corso dell'ora e 20 minuti circa di proiezione lo spettatore verrà gettato dinnanzi ad una serie di scene di difficile comprensione e collocazione sistematica che troveranno poi una sorta di significato nell'inaspettata rivelazione finale a sua volta propensa a più interpretazioni. 

Proprio su queste porrai l'accento in questo post, non tralasciando alcune altre notazioni su trama e realizzazione tecnica. 


La trama in breve

Nel turbolento incipit del film un’auto si ribalta ripetutamente nella notte: la camera stacca e si posa sul volto disorientato di un ragazzo seduto in terra nei pressi dell’incidente. Ritroviamo quello stesso ragazzo, Henry Letham, alla luce del giorno, alle prese con lo psichiatra Sam Foster; lo studente di storia dell'arte soffre di allucinazioni e di un senso di colpa per la morte dei genitori, profondo a tal punto da divenire mania di persecuzione. Il ragazzo, pallido e fuori fase, dichiara al dottore l’intenzione di togliersi la vita entro pochi giorni. Foster si interessa alla sua drammatica vicenda, da un lato perché ha vissuto in prima persona un’esperienza simile con la propria compagna Lila; dall’altro perché subisce il fascino delle visioni di quel ragazzo smarrito che hanno il sapore del déjà vu e sembrano avere un fondamento reale, al punto che lo psichiatra stesso si trova ben presto coinvolto nella dimensione distorta della mente dello studente. Su tali presupposti si sviluppa un convulso tourbillon d’immagini e una sorta d’inseguimento fisico e psicologico fra Foster e Letham, lungo la via di uno sdoppiamento di personalità che dissipa ogni certezza fino all’epilogo rivelatore.

La realizzazione tecnica

E' un punto da non sottovalutare, specialmente per un film che voglia analizzare i meandri della mente umana alle prese con una particolare situazione: essere capaci di renderla - oltre che una sceneggiatura intricata e non lineare - dal punto di vista visivo, con la scelta delle tecniche e degli effetti speciali adeguati sicuramente è essenziale. E, per quanto ti riguarda, il regista Forster ci riesce bene. 

La creazione dell'ambiente è fortemente evocativa dello stato di confusione in cui si trova lo spettatore. Non vi è nulla di caldo e confortante: ogni luogo sembra freddo e spigoloso; le spiazzanti inquadrature - non di rado di sbieco - al limite dello psichedelico con incredibile utilizzo e gioco di luci, le dissolvenze improvvise di immagini, le iridescenze cromatiche avvolgono in una sorta di atmosfera di inquietudine che esaspera e disorienta lo spettatore.

Le stesse scelte di sceneggiatura sono qualificanti. Il mistero del film sta nell'essere immersi nella realtà di un personaggio - il giovane Henry - ma con la prospettiva di un altro - lo psichiatra Sam -; i passaggi da una scena ad un'altra avvengono con un uso perfetto del fade and recall; talvolta si utilizzano transizioni veloci e continue - passaggi da una porta e uscita da un'altra -, tale altra lo stacco improvviso di fotogrammi apparentemente non connessi senza alcun intermezzo. Quale sia la scelta tecnica, la narrazione appare comunque fluida fino al confine del liquido nel senso che davvero sembra di essere immersi in una distesa d'acqua sterminata i cui confini non possono essere visti: un mare di fotogrammi che sembrano talvolta avvolgersi in un turbine il cui moto rotatorio varia tra il lento ed il velocissimo senza che alcun punto di riferimento venga concesso, nessuna terra ferma in vista fino al finale. Ne consegue che la ragione dello spettatore avverte un senso di perdizione e claustrofobia. 

Mai come in film di questo tipo una seconda visione è, più che consigliata, necessaria. Solo con la stessa di potranno cogliere particolari che l'autore dissemina lungo tutta la pellicola il cui significato assume connotazioni completamente nuove sotto lo specchio di una mente già conscia. Facilissimo sarà a quel punto uscirsene con espressioni del tipo "E' vero!", "Ecco il perchè di quel comportamento o di quella situazione" che rivelano tutta la maestria del regista nel rappresentare la sua creazione: una sorta di “sogno nel sogno”, una serie di cerchi concentrici dai confini sfuggenti e non intelligibili che si trascinano talvolta lentamente e in maniera quasi riflessiva e tale altra con impetuose accelerazioni che colgono impreparato lo spettatore meno attento. Nemmeno nel ritmo viene dato alcun punto di riferimento: il film è senso di perdita totale, ci si deve immergere abbandonando la razionalità spinta; ciò nonostante scorre facile quasi si trattasse di un videoclip con la durata di un lungometraggio. 


Il finale: quali interpretazioni? 

Il finale dovrebbe essere la chiave per comprendere l'ora abbondante precedente. E invece, a sorpresa, se si va a rileggere il film nel suo complesso alla sua luce, finisce per aprirsi a più interpretazioni. 

Quella semplice e più immediata: tutto il film è stato un sogno/delirio pre-morte di Henry che ha costruito il suo mondo utilizzando le persone che gli stavano accanto durante la vicenda del nefando incidente e dando loro una collocazione diversa da quella reale – cosi, ad esempio, Sam è sì un dottore ma Lyla ad esempio è un infermiera e non una insegnante d’arte con tendenze suicide -. Di tanto in tanto, anche nella sua dimensione onirica, riecheggiano le voci che Henry dichiara di udire anche se non sempre: sono proprio da quelle persone presenti nell'incidente. Trattandosi di pre-morte, il sogno acquisisce i connotati di un incubo con sanguinamenti improvvisi, luoghi tenebrosi – come le trombe delle scale che si sviluppano all’infinito -, morti che parlano. 

Ma…c’è qualcosa che non torna pur trattandosi di una dimensione onirica e come tale sfuggente ad ogni spiegazione e dove tutto - ed il contrario di tutto – è possibile. Lyla, ad un certo punto, chiama Sam “Henry” – o almeno questo è quello che sente Sam -; ad inizio film nel treno una ragazza dice ad Henry di conoscerlo in quanto studia psicologia e ha fatto la tesi sulla "psicosi di Cristian Rever" quindi credendolo uno psichiatra o uno studente di medicina mentre sappiamo che nel suo sogno studia Belle Arti; verso la fine ad Henry davanti alla vetrina esce del sangue dalla tempia e nella scena subito seguente, il sangue è sotto i piedi di Sam che si trova in un treno; l'anello con cui Sam progetta di chiedere la mano di Lyla è lo stesso che Sam metterà al dito di Henry morente nel finale e con ogni probabilità destinato ad Atina; tutti i quadri in casa di Sam sono firmati Henry Letham e quindi non sono di Lyla che infatti alla fine si scopre infermiera e non artista. Ci sono, detto in maniera semplice, troppe coincidenze che tendono ad identificare Harry con Sam: potrebbero davvero essere la stessa persona e non è un caso che Henry dica a Sam che è l’unico che lo può aiutare. Seguendo questa pista si potrebbe allora pensare che la dimensione del film non sia solo l’onirico di Henry, ma una vera e propria dimensione parallela in cui lo stesso ragazzo viene proiettato prima della morte ed in cui non dovrebbe esistere. Un mondo in cui le cose si sono svolte molto diversamente: la madre ed il padre di Henry non sono sposati in quanto la prima appare solo come fantasma - facendoci intendere che possa aver condotto una vita del tutto separata dai protagonisti – ed il secondo ha preso una via diversa che lo ha condotto alla cecità. Persino la fidanzata Athina non fa parte attiva della vita di Henry che, conscio di non dover esserci in quel mondo, se ne tiene alla larga per evitare un finale di cui è ben consapevole – cosi come lo è di alcuni fatti che sono comuni nelle due dimensioni da cui la sua capacità di previsione, ad esempio, della grandine -. Interpretazione questa che potrebbe anche essere ulteriormente avvalorata dalla differenza tra la scena iniziale e quella finale: in entrambe si vede lo stesso incidente ma nella prima Henry se ne cammina via con auto in fiamme sullo sfondo – quindi sopravvissuto ma proiettato in un mondo diverso in cui ci sono ancora i suoi genitori ed Athina e lui nemmeno li conosce -; nella seconda invece è al suolo in fin di vita, altro che camminare via. 

E…ci potrebbe essere anche un’ulteriore lettura che va oltre le dimensioni parallele e l’identità Henry-Sam. L’intero film è visto dalla prospettiva di Sam: il suo coinvolgimento personale nel caso di Henry diviene davvero morboso. E alcune scene dal significato particolarmente oscuro potrebbero avvalorarla.

Qualche scena “complicata” da spiegare

Ad un certo punto, poco prima del finale, Lily artista trova dei quadri con la firma di Henry Letham. Parte di corsa ma finisce catturata all’interno di una scala a chiocciola apparentemente interminabile sino ad arrivare ad un’inferriata invalicabile. Perché? 

Proprio durante la scena finale Lily infermiera afferma che nessuno le aveva mai chiesto di sposarla. Questo triggera una serie di flashback nella mente del Sam soccorritore in cui si vedono scene di quello stesso mondo che è stato mostrato nel film, quello del “sogno” di Henry. Come è possibile? 

Queste due scene si possono spiegare in una maniera piuttosto fantasiosa: Henry come visto nel film sarebbe esistito solo nella mente di Sam il quale a sua volta sarebbe impazzito. Detto in altri termini: si tratta sì di un sogno ma non di Henry ma di Sam, fin dall’inizio. E se i due fossero la stessa persona, allora Lily artista corre in cerca di Sam – e l’inferriata le impedisce di raggiungerlo – perché sa che, indicandogli la storia del pittore morto 21enne in quello stesso ponte, gli ha dato l’informazione che gli mancava per compiere un programmato suicidio. A cui il Sam del mondo “reale” rinuncia proprio perché conosce la Lily di quel mondo che difatti invita fuori. 

Oppure si potrebbe infine credere che Sam sia quello che Henry diventerà in futuro; che il film sia partito da due momenti differenti nel tempo (futuro: Sam; passato: Henry;) o da due mondi paralleli per poi andare a farli collimare con la necessità però di esistenza di un solo Henry/Sam soddisfatta grazie alla morte di Henry. Emblematico che quest’ultimo dica infatti a Sam la frase che poi sarà ritrovata nel biscotto della fortuna e che suona come un addio cui si ricollega il fatto che, grazie ad esso, i problemi di Sam finiranno presto e sarà felice. 



Conclusioni

Gran bel film sia per realizzazione tecnica che per trama e sceneggiatura. Sottovalutato da chi non adora il genere o da chi non si presta a vederlo almeno una seconda volta, condizione assolutamente necessaria per apprezzarlo appieno. Lascia confusi ma del resto, citando una frase

« Tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti c'è un luogo in cui non dovresti stare. »

Che è probabilmente esattamente quello in cui questo film vuole portare lo spettatore.

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