domenica 12 agosto 2018

The Maze Runner: The Death Cure – una degna conclusione dalla trilogia



Sei un po’ emozionato devi dire mentre ti appresti a scrivere questo post perché The Maze Runner è stato il film con cui questo intero blog ha esordito nel lontanissimo-issimo 2015. Per coloro che non ci credano non solo il link al primo appuntamento qui ma pure quello per il secondo qui.

Ed ecco che, complici qualcosa come 11 ore in aereo in direzione altro emisfero, ti puoi sciroppare anche "The Maze Runner: the Death Cure" – per gli italiani: “The Maze Runner: la Rivelazione”- , allegro filmone che conclude la saga per la durata di circa 142 minuti complessivi. E non puoi proprio lamentarti. 


A livello di trama in realtà non hai visto particolari colpi di scena e quanto visto un po’ te l’aspettavi. In definitiva la cura per il male era tutta nel sangue del protagonista e ci devono rimettere la pelle in parecchi prima che ci si arrivi. Crolla la società precostituita – ossia il centro ricerche WCKD – e ci rimette le penne, in quella che è la scena più bella e migliore del film, Teresa, da sempre in cricca con Thomas. 



Se una cosa va detta è che il film a tratti tende ad addormentare: ma sul più bello che Morfeo sembra stendere le braccia arriva sempre la scena che lo risolleva impedendo di arrivare alla fase REM. Complici dei buonissimi effetti speciali – specialmente nelle fasi di combattimenti e di animazione dei veicoli – e una regia che davvero non delude. 

In mezzo stanno lunghe parti parlate, costruzioni di strategie, rivelazioni più o meno significative e tante ma tante descrizioni dei personaggi e delle loro relazioni in un ambiente post apocalittico che di sicuro è suggestivo e affascinante. 

Pure i personaggi, alcuni dei quali non propriamente i migliori che tu abbia mai visto, al termine di tutto ti convincono pur essendo fortemente stereotipati. C’è la scienziata che si pente alfine di tutto il progetto; c’è invece il capoccia che va fino in fondo; c’è l’eroe senza macchia alcuna che ha la caratteristica che può salvare l’intero genere umano; c’è l’amata che è fermamente convinta degli esperimenti fatti e ha ragione ma la cui posizione costringe a rimanere lontana dall’amato; ci sono i vari personaggi di supporto, ciascuno molto ben caratterizzato, con particolare notazione per Newt che ci finisce molto male e per Gally che invece passa dalla parte dei buoni a suon di “pivello” a tutti quanti e dimostra di aver più attributi di tutti prendendo senza remora le decisioni giuste per quanto dolorose e menando le mani al momento giusto come il miglior Mohammed Alì. 

Anche gli attori che li impersonano meritano una menzione per la loro totale dedizione. Dylan O’Brien – Thomas – ha accusato numerosi infortuni fino ad essere anche ricoverato in ospedale durante le scene tanto che questo ha anche rallentato la produzione; Kaya Scodellario – Teresa – va piuttosto fiera di non aver avuto alcuna controfigura nelle scene di azione. Encomiabili. 



Non hai null’altro da dire e vuoi chiudere solo con la frase che ti ha più colpito, proveniente ovviamente dall’ottimo Gully 

Minho: Gally, perché ci stai aiutando? Ti ho infilato una lancia nel petto.

Gally: Beh…nessuno è perfetto.


Epico. 

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