domenica 26 giugno 2016

Il Ponte delle Spie: un avvocato nella Guerra Fredda



"The Bridge of Spies" (it. "Il Ponte delle Spie" ) è un film del 2015 diretto nientemeno che da Steven Spielberg e magistralmente interpretato da Tom Hanks. Ispirato a fatti realmente avvenuti, narra dell'impresa di Jim Donovan, avvocato di origini irlandesi, incaricato della difesa di una spia dell'Unione Sovietica - Rudolph Abel - e finito per negoziare il rilascio di un prigioniero americano - il pilota Gary Powers - direttamente nella non facile Berlino Est dei tempi. 

In 2 ore abbondanti, si assisterà ad uno spaccato delle mentalità dei due schieramenti, americano e russo con intermezzo delle mire della recentemente sorta DDR - Repubblica Democratica di Germania - e , al contempo, al rapporto di vero rispetto e stima che potè sorgere tra due persone divise politicamente ma affini quanto a mentalità e principi. 


La situazione politica e sociale

Il primo pregio del film consiste senz'altro nell'offrire un panorama quanto mai chiaro dei delicati equilibri politici del 1957. In piena guerra fredda, la cattura di uomo dello schieramento nemico poteva diventare preziosa pedina per ricavare informazioni; come tale risultava essere efficace moneta di scambio. 

Lo sanno bene sia gli Stati Uniti - che mettono le mani su Abel, spia sovietica ma di nazionalità inglese - sia la Russia - allora USSR, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, che cattura il pilota Powers mentre svolgeva dei rilievi fotografici a 20000 piedi di altezza nel loro territorio sotto la direzione della CIA; terzo incomodo, la DDR, ansiosa di ottenere quel riconoscimento internazionale che gli USA le negavano e in possesso di uno studente americano di Yale - Prior - la cui unica colpa era quella di aver tentato di organizzare la fuga del professore presso cui svolgeva la tesi e della figlia dalla parte Est a quella Ovest di Berlino. 

La sottile strategia del protagonista viene cosi esaltata: egli riuscirà a costringere tutte le parti all'accordo per cui alla riconsegna di Abel corrisponderà il recupero sia di Powers che di Prior. Essenzialmente muovendosi sempre sul filo del rasoio e persuadendo la DDR che avrebbe avuto necessità di spiegare ai russi il mancato scambio qualora non avessero riconsegnato lo studente nonchè la possibilità che questo fosse visto come sorta di tradimento da parte di Abel che a quel punto avrebbe deciso di spifferare tutto quanto ancora taciuto. 



Sullo sfondo tutta la profonda differenza tra l'America e Berlino Est: vita pacifica contro guerra e ruberie, agiatezza contro ristrettezze e mancanza anche dei beni di prima sopravvivenza, libertà contro possibilità che l'avvicinamento al muro - in costruzione in quel periodo e poi completato per sostituire dei semplici checkpoint - determini la fucilazione e taglio delle linee telefoniche internazionali. E la dominazione russa che non ammette la ricostruzione della capitale tedesca. 

Una differenza che si scorge prima ancora che nella ottima ricostruzione delle ambientazioni, nella mentalità e nel sistema legale: se in America si concede difesa ad Abel, incaricando un avvocato di grido sia pure solo al fine di mostrare all'opinione pubblica mondiale l'avanguardia e la civiltà statiunitensi, a Berlino Est Prior verrà imprigionato solo per essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato e per aver incautamente pronunciato la parola "Comunismo". Differenza comunque più di facciata che altro: lo stesso processo di Abel avrebbe solo dovuto essere una farsa e se tal non è stato lo si deve solo alla determinazione e ai principi dell'avvocato Donovan che prende la cosa seriamente e porta addirittura il caso in appello alla Corte Suprema dopo essere riuscito a convincere il giudice di primo grado ad evitare la sedia elettrica alla spia. In mezzo, però, sopporta di tutto: taxi che non si fermano, colleghi che gli tolgono i casi, sassi lanciati contro la sua abitazione e minacce di morte ai familiari, incontri poco edificanti con la CIA, domande imbarazzanti dei figli. 

Abel e Donovan

Il secondo punto meritevole del film è il costruirsi progressivo del rapporto tra Donovan e Abel. Dopo l'iniziale diffidenza della spia e l'atteggiamento da "compitino veloce" dell'avvocato, i due scoprono progressivamente di aver più cose in comune di quanto fosse dato immaginare. Entrambi hanno una famiglia e figli; entrambi sono "uomini tutti di un pezzo", credendo fermamente nei loro principi e non rinnegandoli anche di fronte a situazioni difficili in cui il mondo sembra voltare loro le spalle. Spielberg ci mette molto del suo andando a suggellare alcuni momenti con dialoghi e inquadrature indimenticabili; come esempio si prenda la scena dello scambio finale in cui Abel, capito che Donovan sta attendendo la liberazione di altra persona oltre a Powers, dice di poter aspettare. Esemplare pure il loro ultimo dialogo: Abel ha preparato un dono per Donovan, un ritratto; l'avvocato si scusa per non aver fatto altrettanto ma la spia risponde che era quello il suo regalo, ovvero l'averlo salvato dalla condanna a morte negli Stati Uniti e l'aver avuto in forte conto la vita umana di Prior. Che il loro rapporto fosse andato oltre lo stretto confine professionale lo si può infine dedurre dall'atteggiamento di Donovan che, quando già le luci sul Ponte di Glienicke erano state spente, rimane ad osservare come i russi accolgano Abel e non nasconde la sua preoccupazione per il fatto che lo abbiano freddamente fatto accomodare nel sedile posteriore dell'auto. 


Il finale

Nemmeno il finale delude. Donovan torna negli USA e il suo ruolo nella vicenda viene riconosciuto pubblicamente - laddove in precedenza gli era stato detto che doveva cavarsela da solo in caso di problemi e che non avrebbe avuto riconoscimenti in caso di successo. Il sorriso della donna sul pullman che lo vede dopo aver letto della notizia sul giornale è un premio per l'impopolarità che aveva dovuto sopportare; lo sguardo fuori dal finestrino con il panorama dei bambini che giocano in un campo verde è il sollievo per la libertà di cui in America si gode; tuttavia la scena successiva di alcuni ragazzi che scavalcano la recinzione che divide due giardini spogli riporta alla mente il tempo passato a Berlino Est e il pericolo che il Muro costituisce. Finisce cosi', con un sunto di tutto il film in pochi fotogrammi: touchè, Spielberg. 

Le frasi che ci informano del destino dei diversi protagonisti sul viso preoccupato di Donovan che guarda fuori dal finestrino sono quanto di più comune si possa trovare nei film ma completano degnamente la storia. 


Due ore ben spese per un film che offre sia una ricostruzione storico-sociale adeguata che un sufficiente dettaglio sui protagonisti; non sorprende allora che la lista di candidature e di premi sia davvero molto lunga con inclusione nella lista dei migliori dieci film dell'anno.

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