domenica 26 marzo 2017

Tag: tra Final Destination e Matrix ma con un pizzico di riflessione in più



Quando hai addocchiato Riaru Onigokko - in inglese Tag - eri pronto a sostenere il solito film di serie classificabile tra il B e lo Z giapponese, domandandoti chissà quali trovate iperboliche avresti visto. 

Beh, ti stavi parecchio sbagliando e lo devi ammettere. Diretto da Sion Sono - regista con qualche successo mica male nella Terra Natia e il cui principale capolavoro è Love Exposure - e basato sul romanzo dal nome omonimo di Yusuke Yamada, esce nel 2015 e devi ammettere che decisamente presenta più di qualche particolare per farsi ben volere.

Anzi: sono quasi tutti punti positivi per cui abbandonerai il tradizionale formato degli UPS and DOWNS e ne parlerai molto liberamente, senza particolari scalette. 


Beh, cosa ti ha impressionato? Vediamolo. 

La trama e la sceneggiatura 

Innanzitutto la trama e la sceneggiatura. A cominciare dalla scena iniziale: allegra scolaresca femminile in bus per gita scolastica; la protagonista Mitsuko si china nel corridoio del bus per recuperare la sua penna che maldestramente una compagna le aveva fatto cadere e rimane l'ultima sopravvissuta in seguito ad un terribile vento che taglia letteralmente a metà bus e tutti coloro che in esso si trovano. Spaventosamente Final Destination ma bus anzichè aereo. Da quel momento in poi la protagonista si trova in tutta una serie di situazioni che non si riesce a capire come si collochino temporalmente, se siano flashback o flash forwards; cambia oltretutto anche la sua identità almeno un paio di volte. Il tutto senza aver la minima idea - cosi come lo spettatore - di cosa stia succedendo. Solo alla fine si scoprirà che si tratta di un perverso gioco di un suo ex compagno di classe con cotta nei suoi confronti; tutti i personaggi erano morti già nel 2034, 150 anni dopo sono tutti parte del gioco che di virtuale ha però solo le scelte che si possono compiere in quanto i personaggi sono molteplici cloni in piena regola. Se porta alla mente alla Matrix, è perfettamente normale; se passa un messaggio alla Truman Show - tutto costruito attorno a Mitsuko, mondo artificialmente creato completamente dipendente da lei - non c'è da sorprendersi. Praticamente impossibile - almeno per te - capire durante il film quale possa essere la vera situazione: sebbene le compagne di Mitsuko sappiano cosiccome le professoresse - che sembrano tanto fare la stessa parte che gli uomini con gli occhiali svolgono in Matrix - , solo sibilline e nient'affatto chiare frasi vengono proferite per la prima ora e venti minuti specialmente da quella Sur - che tale viene chiamata in quanto "surreale" - che alla fine ne è la principale fonte. E' misterioso ed intriso di suspance, insomma: molto gradito

Ma le ragione per voler bene a questo film sono anche altre. 

Le parti splatter

Sono davvero molte e tutte con una impostazione da B Movie di Asylumiana memoria - e anche molto peggio - tali da far strappare allo spettatore più un sorriso che un ghigno di terrore. E credi che questo sia pure voluto. L'ora e mezza di proiezione rischierebbe di diventare piuttosto polpettosa e pesante ma queste scene finiscono per ricatturare l'attenzione dello spettatore che nel frattempo potrebbe essere sopita. 


Il simbolismo e l'interpretazione

Tanti ma davvero tanti i simboli utilizzati e per la maggior parte non ne hai alcuna idea. 

Il discorso della "strana" Sur, con i suoi molteplici concetti di determinismo, destino, mondi paralleli etc. viene rappresentato da una piuma bianca che si adagia sempre nello stesso luogo, indipendentemente da quello che le protagoniste possano fare. Quella piuma bianca riappare in tutti i momenti in cui la scelta della protagonista - in realtà del giocatore dietro ad essa - finisce per seguire un percorso già scritto; diventa rossa ed intrisa di sangue solo quando Mitsuko compie quell'atto diverso e imprevedibile di cui parla Sur, ossia si uccide. La sua morte pone infatti fine al gioco perverso. 

La conclusione ritrae Mitsuko in una campo di neve completamente sola e senza punti di riferimento. Sapendo che in Giappone il bianco è il colore del lutto, il significato viene facile: la morte di tutto quel mondo perverso grazie al sacrificio della protagonista. Ci vuoi vedere anche però un possibile altro significato, sempre collegato a Sur e le sue affermazioni: la distesa bianca come una tela completamente da formare, cosa non possibile prima dell'atto a sorpresa che ha rotto un gioco che altrimenti era predeterminato e con esso la vita dei personaggi giocanti. La rottura del destino, insomma. 

Interessante pure la contrapposizione tra un mondo esclusivamente femminile nel gioco ed uno esclusivamente maschile nella realtà del 2184: il gioco viene creato per la libido maschile e da questo punto di vista le abbondanti inquadrature sui lati B delle protagoniste con visione di biancheria intima sotto delle gonne scolastiche al solito troppo corte verrebbero pure spiegate anche se se ne poteva benissimo fare a meno. 

Conclusioni

Un buon film al di là dell'utilizzo di idee già viste comunque ben rielaborate e di scene splatter che stimolano il sorriso più che l'inorridimento. Non sorprende quindi che le critiche siano state tutto sommato piuttosto positive. Si può vedere pure non essendo memorabile.

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