sabato 23 dicembre 2017

Primer: scatole, viaggi e linee temporali


Quando hai visto per la prima volta Primer, film indipendente del 2004 scritto, diretto, prodotto e interpretato da Shane Carruth, hai pensato che in realtà non era così complicato dal punto di vista dei viaggi nel tempo. Poi l’hai rivisto per la seconda volta e la tua impressione ha cominciato a vacillare enormemente. Mentre le pagine di appunti si riempivano, cominciavi a comprendere che – manco fossero i Transfomers – c’era “more than meeets the eye”; letteralmente, in quanto l’opera di Carruth mostra molto meno di quanto in realtà contiene o rende necessario alla sua vera comprensione. 

Se la spiegazione semplice è che per la sua produzione sono stati investiti 7 000 $ - quindi i pochi mezzi a disposizione hanno impedito probabilmente di girare più scene o di utilizzare degli effetti grafici che permettessero la sua comprensione in maniera più diretta -, quella meno agevole è che, fosse anche stato fatto con dieci volte tanto quel budget, avrebbe comunque provocato severi mal di testa.

Ed ora è tempo di parlare di scatole, viaggi e linee temporali come da titolo. 


Il viaggio nel tempo e il suo mezzo

A differenza di quanto avviene ad esempio in The Butterfly Effect e similmente a quando accade invece in Timecrimes, qui il viaggio nel tempo postula il movimento fisico del soggetto, sia pure in una maniera molto diversa e molto più pregna di “finte” spiegazioni scientifiche – in cui si accenna, tra gli altri, a Bobine Tesla, Superconduttori, elementi non proprio di comune utilizzo come il Palladio, il Freon, il Mercurio l’Elio liquido, l’Argon - che hai però decisamente apprezzato.

Oltre a quello, i protagonisti finiscono pure per fare una scoperta inaspettata. Grazie ad una versione in miniatura di quella che si rivelerà essere la macchina del tempo si accorgono della crescita abnorme di un fungo sul quale stavano sperimentando. Uno di loro, Abe, spiega gran poco a parole me esegue uno schema che può essere riportato come sotto 



Quello che se ne ricava è che il fungo continua a saltare tra il punto A - al tempo t1, quello di attivazione del marchingegno - ed il punto B - tempo t2, quello dello spegnimento -; ogni volta che raggiunge uno dei due ha una possibilità finita di uscire da uno di essi tuttavia solo dopo un numero di salti variabile ma comunque superiore a 1300. Seguono considerazioni: 

- il punto di partenza è rilevante. Se il fungo viene inserito nella scatola in A e poi esce in A, allora ha compiuto un numero dispari di salti; se esce in B un numero pari. Come si vede dallo schema, i due punti secondo la prova fatta nel film distano 1 minuto - ossia t2-t1= 1minuto -. Se per l’osservatore esterno è dunque questo il tempo che passa nell’esperimento, il fungo salta invece in quel minuto più di 1300 volte e, assunto che salti alla frequenza di 1 salto al minuto, proprio il numero di volte è il tempo in minuti per lui trascorso. Insomma, il tempo nella scatola è molto diverso da quello al di fuori

- se la macchina si attiva in A (tempo t1) e il fungo esce in B (t2) in teoria nulla da rilevare. Ma se esce in A (t1) si duplica. Il che, assieme alla spiegazione del diverso trascorrere del tempo di cui a punto precedente, spiega esattamente l’anormale ed incredibile crescita del fungo. La quantità di fungo infatti si moltiplica in quanto a quella presente e inserita in origine nel meccanismo al tempo t1, si accompagnano gli alter ego futuri (quelli di t2), tutti presenti nello stesso tempo che è però t1. 

In altri termini il fungo del tempo futuro t2, uscendo in t1, ha viaggiato indietro nel tempo. La vera intuizione dei protagonisti sta in questo: se, anziché un essere privo di volizione e la cui uscita da A o B sia determinata unicamente dalla casualità, si inserisce nella macchina un essere senziente ed in grado di compiere scelte consapevoli, allora costui può scegliere di uscire sempre A, finendo per viaggiare indietro nel tempo automaticamente. E Abe infatti lo spiegherà al collega Aaron, dicendogli che ha già realizzato questo con un’apposita scatola che tuttavia richiede una fase preparatoria ben precisa. 

La macchina del tempo è infatti una scatola il cui funzionamento è peculiare e consiste di una serie di fasi da seguire in maniera metodica. Si comincia accendendo la macchina; la si lascia poi caricare per un certo periodo di tempo – nel film si parla di circa 6 ore -; successivamente il soggetto vi entra e vi trascorre esattamente lo stesso tempo che ha lasciato la macchina accesa ossia altre sei ore quando vi esce finisce al punto A dello schema precedente ossia nel momento in cui la scatola è stata accesa. Viene molto più facile con uno schema


Si possono desumere alcune cose molto semplici. 

Intanto il massimo punto nel tempo in cui si può viaggiare indietro è quello di accensione – anzi, a voler essere precisi, di caricamento completato perchè si richiedono circa 5 minuti per raggiungere la piena funzionalità – della scatola. Quindi il trigger è la macchina stessa a differenza di quanto accadeva in altri film già citati. 

In secondo luogo, apparentemente il grado di cui si retrocede è proporzionale in scala 1:1 a quello passato all’interno della macchina. Resto un minuto nella macchina, retrocedo di un minuto rispetto al momento in cui sono entrato nella macchina; ci resto due minuti, retrocedo di due minuti. Lo si capisce piuttosto chiaramente nel caso del viaggio compiuto da Abe e Aaron assieme il Martedì. Mentre Abe rispetta perfettamente le tempistiche del suo orologio, Aaron esce della scatola un paio di minuti prima di lui per la timeline di partenza; per la nuova timeline in cui arrivano sono esattamente un paio di minuti dopo che Abe è uscito. 

Chiaramente questo potrebbe provocare problemi di non poco conto. Se attivo la macchina e ci entro dopo 6 ore - che spendo completamente isolato dal mondo esterno e senza alcuna forma di comunicazione in maniera da evitare alterazioni; non lo farà però Aaron che porterà con sè il suo cellulare dal futuro finendo, forse, per impedire che la chiamata della moglie possa squillare al cellulare del suo alter ego che si trova nell'hotel -; attendo quindi 6 ore al suo interno; finisco esattamente 6 ore prima di quando ero entrato nella scatola, ossia nel momento in cui il mio alter ago la sta accendendo e lo posso quindi incontrare. Per evitare questo problema – che comunque a quanto pare non sarebbe insormontabile dato che i personaggi incontrano più volte i loro doppi e del resto già nell'esempio del fungo lo stesso si moltiplica grazie alla contemporanea presenza di più versioni di se stesso – setto un piccolo ritardo di un quarto d’ora per l'accensione che riprendo poi in uscita dalla macchina; cosi’ esco un quarto d’ora prima e mi ritrovo un quarto d’ora dopo da quando il mio alter ego ha settato il timer, ossia al momento dell'accensione della macchina. Non evito ovviamente la “duplicazione” in quanto nel punto in cui arrivo vi è comunque il mio alter ego che abita “naturalmente” quella linea temporale; però non lo incontro per forza.

Interessante è pure l’affermazione di uno dei protagonisti che la scatola sia “usa e getta” nel senso che può essere usata una sola volta. Il che appare come un interessante escamotage per evitare che due “me” finiscano dentro la stessa contemporaneamente. In realtà il punto è dibattuto; di certo in molti sostengono che i protagonisti, nel loro viaggio, si portino con sé anche una scatola dal futuro – magari il kit dei componenti per montarla – cosicchè si finisca con un numero di scatole diverse sempre pari a coloro che le hanno utilizzate. 

Infine, il viaggio nel tempo sarà anche piacevole ma non è indolore. Come in Timecrimes e ancor più in Butterfly Effect, destabilizza il protagonista: il tutto viene mostrato con il dialogo con cui Abe e Aaron realizzano di non poter scrivere nonostante i loro cervelli conoscano i simboli della scrittura – un po’ come dover scrivere con la mano sinistra da destri, diranno – e ancora con il sanguinare improvviso dall'orecchio di Aaron, indizio del fatto che quello non era l’Aaron di quella linea temporale ma un Aaron che aveva viaggiato - e non una sola volta devi aggiungere -. 

E se fin qui sembra complicato, adesso si fa sul serio. 

Le varie Timeline, viste e nascoste 

Non ci provi nemmeno a descriverle chè ve ne sono alcune che si vedono nel film ma altre che devono esistere e non sono nemmeno mai mostrate. Girando per l'internetto hai trovato uno schema estremamente preciso - che hai analizzato e condividi sia pure sia estremamente complicato; è prevalentemente la necessità di esistenza di un numero di scatole almeno pari a quello dei protagonisti che viaggiano a introdurre una pletora di timelines comunque necessarie anche se quelle davvero importanti per la comprensione della trama sono solo alcune - e hai deciso di tradurlo in lingua italiana aggiungendo giusto qualche notazione. Il suggerimento è quello di averlo sotto mano quando si guarda il film: maniera molto migliore che scrivere qui un muro di parole infinito. 



Qualche piccola questione

Sebbene sia estremamente accattivante, ovviamente Primer non è esente da qualche perplessità.

Proprio quando la storia dei salti temporali comincia a prendere piede, Abe compie il primo viaggio il lunedì. Lo rifà poi il martedì secondo le stesse tempistiche ma c'è una piccola variante: stavolta Aaron si aggiunge a lui ed ha la sua propria scatola. Da dove salta fuori questa scatola? Potrebbe essere senz'altro che Abe ne avesse costruite due, in fin dei conti il primo viaggio di Abe non viene mostrato e quindi non si vede mai il deposito nel momento in cui lo compie. Oppure, secondo l'interessante teoria che hai già citato, visto che le scatole sono "usa e getta", Abe che ha viaggiato il lunedì si è portato dalla sua timeline una seconda scatola "assemblabile"; ha poi preso quella inventata dal lui stesso di questa timeline - in cui non era mai entrato - e riservato quella "assemblata" ad Aaron. Il punto rimane, però: comunque la si voglia vedere, il primo Abe deve avere costruito almeno due scatole e poco importa che una sia assemblabile. La domanda però è anche un'altra: perchè il primo Abe a viaggiare si porta dietro la scatola "assemblabile"? Lui non ha certezza - ma solo speranza teorica - che finisca con un viaggio a ritroso nel tempo e non ha senso che pensi una cosa del tipo "me ne porto dietro un'altra per Aaron se per caso funziona". Altra. ulteriore, questione: perchè Abe, una volta verificato che la teoria funziona, invita Aaron a compiere la stessa esperienza assieme a lui? Forse perchè la rivelazione è troppo grossa per poterla tenerla segreta o per semplice spirito di amicizia e riconoscimento verso l'altro componente del gruppo la cui contribuzione alla scoperta è stata essenziale; di sicuro non per mettere a posto le cose, dato che da solo avrebbe probabilmente potuto sistemarle meglio anzichè inserire una nuova incognita nell'equazione. 



Non riesci poi a spiegarti cosa sia accaduto nella timeline da cui Granger - finanziatore dei protagonisti e zio della fidanzata di Abe - decide di entrare nella scatola. Dalla ricostruzione risulta che viaggia dalle 3.00 di mattina, il che ha senso perchè Abe rivelerà ad un certo punto di aver sempre quotidianamente acceso la scatola alle 17.00 e poi di averla spenta alle 3.00 di mattina, quindi è possibile. Ma perchè Granger ha viaggiato? Non viene spiegato e non ritieni sia nemmeno ipotizzabile. 

Infine, quando Abe e Aaron - provenienti da due diverse timelines ciascuno e nessuno dei due della timeline in cui si sta svolgendo il fatto - pensano di aver risolto la situazione, si incontrano all'aeroporto dove Aaron dice che utilizzerà il passaporto del suo alter ego della timeline per viaggiare dall'altra parte del mondo dove nessuno lo conosce ossia per "sparire". Problema: se si è seguita l'illustrazione sopra, vi è anche un terzo Aaron in questa timeline - quello col cappuccio che mette la droga nel latte di Aaron di questa timeline e poi lo nasconde nell'attico; successivamente viene convinto dall'Aaron che si incontra in aeroporto con Abe ad andarsene e lo si ritrova poi in Francia a portare avanti una sorta di progetto in grandi dimensioni delle scatole - e il passaporto è solo uno. Ma son due gli Aaron che se ne vanno dagli Stati Uniti. Credi che la domanda sia chiara. 


In conclusione un film che non ha aizzato le platee finendo quasi in sordina - a tutt'oggi non è mai stato doppiato in italiano - ma che rappresenta un punto imprescindibile per tutti coloro che amino paradossi temporali e viaggi nel tempo. Per chi volesse, con comodo sub italiano, la scatola in cui entrare è questa. 

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