sabato 27 ottobre 2018

Mine Games: tante somiglianze e un loop facilino



Mine Games - anche conosciuto come “The Evil Within”, ogni riferimento al videogame è puramente casuale - è un film del 2012 per la firma di Richard Gray: in due parole lo puoi descrivere come un horror teen movie più un loop temporale piuttosto facilino e…fragilino. Nulla che non si sia già visto altrove e le somiglianze si sprecano: tuttavia devi ammettere che il risultato finale è piuttosto piacevole. 

Perchè? Dopo la pausa. 



L’horror e le sue somiglianze 

Il film parte piuttosto piano, con una buona mezz’ora iniziale in cui si assiste ad un gruppo di giovani neolaureati che si sta dirigendo verso una baita circondata da foreste per sballarsi un po’: nel tragitto accade giusto un quasi incidente in auto ma i giovani non si fermano nonostante ipotizzino che si tratterebbe di una specie di campagnolo del luogo. E via allo sballo e ad una caratterizzazione sommaria dei vari protagonisti che ricadono, grossomodo, nei classici stereotipi del genere: lo sfigato, le coppiette, la sensitiva – quella ci vuole sempre anche se poi non serve ad una mazza - , la ragazza “a cui piace divertirsi” etc. Sa molto ma molto di “The Cabin in The Woods”, di “Venerdi 13” – pure il gioco, il generatore da far ripartire ad inizio avventura proprio non mente - , di “So cosa hai fatto la scorsa Estate” e persino un Pochettino di “Until Dawn”.  

E di Until Dawn conserva poi, nella successiva fase horror che si apre, pure l’ambientazione: una miniera, scoperta un po’ per caso, in cui si troveranno cose un po’ …strane. In linea generale il film convoglia davvero molto bene la sensazione di paura, smarrimento, angoscia che un buon esponente della tipologia dovrebbe portare: sia a livello di scelte tecniche – buona la regia, ottime ed inquietanti il giusto le inquadrature, molto buone anche le sonorità – che a livello di locazioni e, soprattutto, di trama con continue scoperte e colpi di scena, sebbene prevedibili specialmente per gli amanti del genere. Ben fatto da questo punto di vista. 

Non che si faccia nulla comunque per nascondere queste somiglianze a giudicare anche dalle locandine utilizzate per la sua promozione che si possono vedere comodamente nell’immagine qui sotto. 



Il loop temporale… 

Non hai in animo di riassumerlo come hai fatto con altri film ma si può tranquillamente definire come un Triangle o un Timecrimes semplificato con un solo loop che oltretutto viene anche rotto alla fine della pellicola. 

In parole semplici: c’è stata una “prima volta” e gli unici sopravvissuti sono un evidentemente alterato Michael e una imprigionata Claire; ce n’è una seconda che sarebbe destinata a finire nella stessa identica maniera – tutti morti, Claire imprigionata e Michael da assassino – salvo che la Lyla di questa seconda volta stavolta riesce a trascinarsi morente verso il van dei ragazzi che stanno arrivando – il gruppo della “terza volta” – e questo dovrebbe – se non sono del tutto ottusi ed in effetti dimostrano piuttosto ampiamente di non brillare per acutezza – indurli a sospettare qualcosa, non ricompiere le stesse scelte e quindi rompere il ciclo anche se la pellicola si conclude esattamente lì lasciando allo spettatore il gusto di immaginare il resto. 

In generale si può dire che i vari indizi sono disseminati nella maniera giusta e le varie scene necessarie per “riconnettere” il loop sono collocate nei momenti corretti: ne risulta un film senz'altro piacevole che si concede anche il lusso di aver una sensitiva il cui ruolo è sostanzialmente soltanto quello di spiegare la leggenda dell'Uroboro, serpente che si autoalimenta e si autogenera oltre a morirci male dopo aver lanciato avvertimenti che nessuno poteva/voleva cogliere. 

Così: se non fosse giusto che le decisioni dei ragazzi di fronte ai vari accadimenti appaiono talvolta – e sei buono – poco naturali per non dire incomprensibili. 

Non si fermano quando urtano contro quello che definiscono un “yokel” - che si può tradurre come “campagnolo” - , cosa abbastanza strana trattandosi comunque di un essere umano nonchè facile maniera per evitare che capiscano che quella persona è in realtà uno di loro di un precedente ciclo, il che avrebbe posto fine al film prima ancora che cominciasse. Altro esempio: una volta capito che la Claire che trovano all’interno della miniera non è la loro Claire, non sorge il dubbio che sia meglio fare i bagagli ed andarsene? E prima ancora: quando vedono un gruppo di cadaveri che sono esattamente i loro corpi e pure con gli stessi identici vestiti, questo non basta per consigliare di darsela a gambe levate? E questi sono solo i casi più eclatanti perchè anche solo arrivare in una baita in cui non si è mai stati prima e trovare un biglietto che invita alcuni di loro – per nome, eh - ad attendere dovrebbe ragionevolmente far squillare qualche campanello. 


Innaturalezza delle scelte a parte, residuano poi i classici problemi connessi al loop in sè che l’autore evita comunque di portare alla luce lasciando molto all'immaginazione dello spettatore. Segnatamente: 

- non si vede mai un Michael morire o uscire in altra maniera di scena: ad ogni ripetizione del loop in teoria si dovrebbero a questo punto “accumulare” e magari finire tutti insieme allegramente presso quel bivacco in cui, piangenti o arrabbiati come bisce che siano, bruciano le medicine. Vale ovviamente anche per le Claire vive e tutte incarcerate che alla lunga potrebbero benissimo fare comunella e passare amichevolmente il tempo chiacchierando o urlando che sia. Nel film però si vedono solo due versioni di ciascuno di loro. La vuoi risolvere facile, facendo fede a scritte e affermazioni dello stesso Michael che parla di "prima" e "seconda" volta: il film mostra effettivamente le prime ripetizioni in assoluto. A posto così anche se non provabile. 

- come per ogni film basato sui paradossi temporali, quando è cominciato il loop? E ancora: quel primo Michael, com'è che è andato fuori di melone? Non ha incontrato altri Micheal e quindi lo deve aver fatto da solo; come da solo si è liberato dalla cella, visto che non aveva nessun altro se stesso a fornirgli la chiave. Ci deve una storia iniziale – una prima ripetizione - in cui i fatti si svolgono in maniera ben diversa da quelli che vediamo nella pellicola e ogni ipotesi, visto che l’autore sta bene attento a non fornire qualsiasi indizio in proposito, è buona. 

…e la sua causa? 

Non viene mai precisata ma non può tradire il fatto che sia mostrata l’Aurora Boreale. Ci deve essere una connessione e del resto sarà proprio uno dei protagonisti a dire che tal fenomeno non si ripete mai con una delle frasi che ha forse meno senso in assoluto dell’intera pellicola: se vuole essere un ulteriore indizio affinchè i ragazzi capiscano che c’è un loop, non può funzionare dato che essi la vedono per la prima volta ad ogni ripetizione. 


In definitiva un film comunque estremamente godibile e ben fatto tecnicamente a maggior ragione se si considera che il budget totale è stato di 1,5 milioni di dollari, poco persino per un singolo episodio di una serie. Dopo essere stato per un breve periodo su Netflix, ora è piuttosto complicato trovarlo nell’Internetto: tutto quello che puoi fornire è un link con la pellicola in inglese qui

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